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Luned́ 9 aprile 2018

Napoli: il rischio o la gioia di essere minori

Lunedì 9 aprile 2018, Salone del Mandato dell'Arciconfraternita dei Pellegrini, ore 17.30



Intervengono

Patrizia Esposito - Presidente del Tribunale per i Minorenni di Napoli

Gemma Tuccillo - Ministero della Giustizia Capo Dipartimento per la Giustizia Minorile e di Comunità

Luisa Franzese - Direttore Generale Ufficio Scolastico Regionale della Campania

Alessandro Formisano - Head of Operations, Sales & Marketing ‎Società Sportiva Calcio Napoli

Patrizio Oliva - Campione Olimpico - Associazione “Milleculure”

Rosanna Purchia - Soprintendente del Teatro di San Carlo

Presiede

Vincenzo Galgano - Primicerio dell’Arciconfraternita dei Pellegrini

Coordina

don Tonino Palmese - Vicario Episcopale Carità e Giustizia, Presidente Fondazione P.O.L.I.S.,

Preposito dell’Arciconfraternita dei Pellegrini

 

  

Il filosofo dell’educazione Olivier Reboul si pone le domande più importanti per la pedagogia: Cosa vale la pena insegnare? Cosa vale la pena imparare? Per entrambi le domande la risposta è una sola: vale la pena insegnare ed imparare TUTTO CIO’ CHE LIBERA E TUTTO CIO’ CHE UNISCE.

Quello che libera. Possiamo vedere un grande simbolo in questa frase del Vangelo: «Conoscerete la verità, e la verità vi renderà liberi». Un insegnamento libera nella misura in cui è trasferibile; imparare a ballare, a dipingere, a trarre conclusioni, tutte capacità che possono servire in situazioni diverse da quelle in cui si sono acquisite. In secondo luogo un insegnamento libera nella misura in cui è attivo, o meglio, nella misura in cui fa agire. Insegnare non significa fare sapere, significa fare imparare. Insomma, si libera con l'azione.

L’altro criterio si riferisce a tutto ciò che unisce: sì, quello che vale la pena di essere insegnato e appreso è quello che integra ogni individuo, in modo duraturo, ad una comunità la più larga possibile. Ed è per questo che si insegna una lingua piuttosto che un dialetto, la scienza piuttosto che l'occultismo, un autore selezionato dalla storia anziché un romanzo alla moda.

Il frutto maturo di ciò che libera e unisce si chiama GIOIA. La gioia non è il piacere passivo e parziale. Non è neanche la felicità, che ci prende completamente ma dal di fuori e senza garanzia di durata. La gioia è allo stesso tempo fuori e dentro di noi. È la scoperta, qualche volta sconvolgente, di un valore di cui neanche sospettavamo l'esistenza. Gioia di imparare, gioia di superarsi.

Sul crocifisso di una comunità terapeutica i giovani ospiti scrissero ciò che avevano compreso di questi due concetti con la seguente espressione: insieme e liberi ce ‘a putimmo fa’.



Allegati:
Invito090418.pdf

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